La leadership di oggi richiede nuove e specifiche competenze per guidare la transizione della propria azienda verso un’economia inclusiva e net zero.

Le sfide che si presentano oggi sono tra loro interconnesse e legate al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Per questo si parla di leadership sostenibile.

 

Ma a che punto siamo?

Secondo lo Studio Leadership sostenibile in Europa, commissionato nel 2020 dalla Confederazione europea dei manager (Cec european managers) all’Università La Sapienza di Roma, che ha coinvolto 1.500 manager di sei Paesi UE, molti dei manager europei hanno una conoscenza superficiale dei principi e dei temi della sostenibilità. Si evidenzia quindi un divario tra le ambizioni del leader e la realtà. Non a caso, i valori e le competenze di sostenibilità non sono ancora del tutto integrati nell’ambiente aziendale.

 

La leadership sostenibile

Ogni giorno, milioni di manager prendono decisioni che hanno un impatto ambientale, sociale ed economico. Per questo questi decision maker dovrebbero acquisire nuove e specifiche competenze per limitare l’impatto negativo che le loro decisioni possono avere sull’ambiente e sulla società.

È necessaria una strategia in grado di gestire i cambiamenti in atto ed incentrata sui valori della sostenibilità

Una leadership sostenibile è anche la chiave per acquisire un vantaggio economico. Infatti, diversi studi dimostrano come le imprese sostenibili siano più resilienti, innovative e competitive, nonché capaci di soddisfare le esigenze delle nuove generazioni più attente ai valori e alle prospettive sostenibili. Questo trend è confermato dai dati Accenture, che dimostrano come acquistare servizi o prodotti in modo etico fidelizzi la new generation.

È quindi fondamentale investire su istruzione e formazione di manager e dirigenti, in modo che dispongano degli strumenti necessari ad integrare leadership e governance sostenibile nelle proprie organizzazioni.

La transizione sostenibile è un compito che riguarda tutti e sicuramente gli imprenditori rivestono un ruolo chiave in questo percorso. 

Si tratta di transizione da un’economia della “distruzione”, verso un’economia più responsabile e generativa basata su pratiche sostenibili e innovative, che vede soluzioni destinate ad avere successo sia per l’ambiente che per il business. 

L’Italia è, per la sua storia e vocazione naturale, attore principale di questo nuovo “capitalismo umanistico” attento agli interessi di tutti, che si contrappone al modello di capitalismo distruttivo basato esclusivamente sull’incremento dei profitti. La storia ci insegna che è stato proprio il nostro Paese il luogo dove l’innovazione nelle scienze e nelle tecnologie si è sposata ai principi dell’umanesimo.

Una priorità che deve avere una vision e una mission di lungo periodo, mettendo al centro l’uomo per generare benessere collettivo.