Con la crescente importanza dei fattori ESG (Environmental, Social and Governance) – ovvero degli aspetti di natura ambientale, sociale e di governance – i criteri fondamentali per le valutazioni delle aziende sono stati aggiornati, premiando le imprese più resilienti, attente alla sostenibilità delle loro produzioni nel medio e nel lungo periodo.
Seppur non sia ancora stato dimostrato pienamente che le imprese con alti voti ESG siano più redditizie, è chiaro che esse siano più durevoli e meno rischiose. Un investitore accorto non può infatti non tenerne conto.
È quanto sostiene Enrico Parazzini, ex manager di Pirelli e Telecom, nonché docente alla SDA Bocconi, che in una recente intervista ha dichiarato: “Le imprese non sono avulse dalla società che le circonda, hanno il dovere di rispondere ai loro azionisti. La rilevanza dei temi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ovvero di rispetto dei diritti individuali, della parità di genere, non consente più di distinguere tra stakeholder, clienti e fornitori, e i cittadini. Gli stakeholder sono tutti. La reputazione assume un’importanza decisiva. Più un’azienda è in sintonia con la comunità che la circonda, più esprime un valore intrinseco che forse il mercato prima o poi premierà“.
La corsa verso la sostenibilità tocca tutti i settori dell’economia. Il traguardo di questa corsa è fissato al 2030, data ultima per centrare i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG – Sustainable Development Goals) fissati dall’ONU, fondati sull’integrazione tra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economico), per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta. Sfide comuni che tutti i paesi sono chiamati ad affrontare per sradicare la povertà in tutte le sue forme.
Gli SDG toccano diversi ambiti: dalla lotta alla fame, all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali, all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili.
Ecco gli obiettivi di sviluppo sostenibile nel dettaglio:
- Povertà Zero.
- Fame Zero.
- Buona salute e benessere per le persone.
- Educazione paritaria e di qualità.
- Parità di genere.
- Acqua pulita e servizi igienico-sanitari.
- Energia pulita e accessibile.
- Lavoro dignitoso e crescita economica.
- Industria, Innovazione e Infrastruttura.
- Ridurre le disuguaglianze.
- Città e comunità sostenibili.
- Consumo e produzione responsabile.
- I cambiamenti del clima.
- Vita sott’acqua.
- Vita sulla terra.
- Pace, giustizia e istituzioni forti.
- Partnership per gli obiettivi.
Per avere una fotografia del posizionamento odierno italiano in questo percorso, riporto il quadro descritto da Daniela Bernacchi, Segretario Generale del Global Compact Network Italia (GCNI), organizzazione ONU costituitasi nel 2013 che promuove i Dieci Principi del Global Compact al livello nazionale ed è, altresì, impegnato nell’avanzamento degli Obiettivi globali di Sviluppo Sostenibile (SDG).
Se l’Italia è forte sugli obiettivi 7 (energia pulita) e 9 (industria, innovazione e infrastruttura), meno bene va la parità di genere (obiettivo 5).
A tal proposito Bernacchi ha dichiarato: “L’Italia soffre di uno dei più bassi tassi di occupazione femminile a livello europeo, attorno al 52% delle donne in età lavorativa. Ma il tema è anche la rappresentatività: il 43% delle aziende italiane pensa che riuscirà a raggiungere la parità di genere a livello apicale (direttori e board) dopo il 2030, con 5 anni di ritardo rispetto alla media europea.”
Una seconda priorità riguarda poi il lavoro informale e le catene di fornitura. Altro capitolo, il clima, dove le aziende italiane aderenti al GCNI mostrano un impegno superiore alla media europea.
“Questo ci fa essere molto fiduciosi rispetto ai target fissati – continua Bernacchi –, le priorità sono l’uso efficiente dell’energia, l’integrazione di forme energetiche alternative, l’attenzione anche in fase di sviluppo di prodotto e impatto in termini di CO2.”
Ad aderire al Global Compact Network Italia sono principalmente grandi aziende d’eccellenza. Il che è al tempo stesso un vantaggio e uno svantaggio: “Bisogna arrivare alle PMI, che in Italia sono prevalenti nel tessuto industriale. Tuttavia, il potere di influenza delle aziende leader è altrettanto importante.”
“In generale, – conclude il Segretario Generale del GCNI – la consapevolezza verso queste tematiche è cresciuta, non solo grazie ai movimenti dei giovani, ma perché se ne è compresa la necessità. Stiamo capendo che non c’è possibilità di ripresa senza sostenibilità: per ripartire, dobbiamo farlo in modo sostenibile.”