La moda circolare si basa sui principi dell’economia circolare, volta a non compromettere le già scarse risorse del nostro pianeta. Il singolo indumento viene visto da una diversa prospettiva: viene inserito in un ciclo che lo lavora e lo trasforma dandogli una nuova vita.
Un’impresa è circolare quando non produce scarti e rifiuti, ma li trasforma in materie prime da impiegare nella produzione, evitando l’uso di risorse vergini.
Gli obiettivi della moda circolare sono
- ridurre il consumo delle risorse disponibili, come l’acqua;
- ridurre i rifiuti spingendo le persone a prendere decisioni e a compiere scelte più ecologiche;
- e di conseguenza riciclare materiale già impiegato e trasformarlo in nuovi prodotti di valore.
Come gli altri settori, anche la filiera tessile e dell’abbigliamento ha una propria impronta idrica ed energetica. Ogni anno, questo settore produce emissioni di gas serra elevate ed è tra le maggiori responsabili della perdita della biodiversità, consumando grandi quantità di risorse naturali e dell’inquinamento dell’acqua.
Grandi sfide a cui si è chiamati a trovare delle soluzioni in breve tempo in chiave green. Ecco che allora si parla di materiali sostenibili, il cui utilizzo vuole non solo ridurre gli sprechi, ma anche aiutare l’ambiente che ci circonda.
Un esempio di materiale sostenibile impiegato nel settore tessile è il cotone, una fibra naturale, ecologica e riciclabile. Le coltivazioni biologiche controllate di cotone, rispetto alle coltivazioni di cotone convenzionali, consentono di risparmiare in media il 91% di H2O e il 46% di CO2. Ma le coltivazioni biologiche delle materie prime non sono sufficienti per ridurre l’impatto ambientale della moda. Il problema è che solo l’1% degli abiti usati viene riciclato, mentre l’87% finisce in discarica o all’inceneritore, rendendo più difficile ridurre la nostra impronta ecologica dei capi di abbigliamento. La percentuale di riciclo è così bassa perché troppo spesso gli abiti in questione non sono stati ideati e realizzati per essere riciclabili. È la moda circolare che si pone il problema e crea modelli che possono essere più facilmente disassemblati e riutilizzati.
A questo proposito, la Fondazione Ellen MacArthur ha stimato che ogni anno si perdono più di 500 miliardi di dollari a causa dell’uso insufficiente degli indumenti e della mancanza di riciclo. Con la moda circolare si punta a proteggere il prodotto, usarlo di più, rifarlo, realizzarlo con materiali rinnovabili, ma soprattutto riciclati. I modelli di business che includono la rivendita, il noleggio, le riparazioni e il rifacimento dell’abbigliamento, possono fornire grandi risparmi di gas serra e potrebbero arrivare a valere 700 miliardi di dollari entro il 2030, rappresentando il 23% del mercato globale della moda.
Bisogna quindi incentivare l’uso di fibre naturali biologiche che concorrono al miglioramento degli ecosistemi naturali, in favore della biodiversità. In questa direzione si sanno già muovendo diverse case di moda, come la Hessnatur: marchio fondato nel 1976 e che ha a cuore l’ambiente e il benessere.
Ma per arrivare a pensare in grande e abbracciare una visione globale, occorre partire dal nostro piccolo, ad esempio facendo scelte più consapevoli e trovando il modo di sfruttare i nostri vestiti più a lungo. Così facendo si diminuirebbe enormemente la richiesta e l’impiego di nuove risorse, ritardando il momento dell’Overshooting Day.