L’intervento del vice presidente di FEDERBETON e Coordinatore della Commissione Ambiente ed Economia Circolare, Antonio Buzzi, presso la 13ª Commissione permanente -Territorio, ambiente, beni ambientali del Senato sulla proposte del “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, traccia e descrive il percorso verso la transizione circolare della filiera del cemento e calcestruzzo.

In un mondo dove le riserve dei combustibili fossili sono a forte rischio esaurimento, è necessario andare alla ricerca di soluzioni sostenibili.

Ecco che entrano in gioco i combustibili di recupero che, non solo permettono di recuperare i rifiuti in un’ottica di economia circolare, ma contribuiscono a ridurre le emissioni di gas climalteranti ed evitare i conferimenti in discarica.

Ed è proprio in quest’ottica che FEDERBETON, la Federazione delle Associazioni della Filiera del Cemento e del Calcestruzzo Armato, promuove l’utilizzo di tali risorse con l’obiettivo di coinvolgere le componenti della rappresentanza industriale dei processi a valle del cemento nell’applicazione dei principi di circolarità.

Un ambito in cui le imprese del settore stanno investendo molto con la finalità primaria di ridurre continuamente i propri impatti, le proprie emissioni e di contribuire al contenimento dei cambiamenti climatici in particolare, migliorando al contempo la propria competitività.

Intervenuto in audizione presso la 13ª Commissione permanente -Territorio, ambiente, beni ambientali del Senato sulla proposta del “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, il vice presidente di FEDERBETON e Coordinatore della Commissione Ambiente ed Economia Circolare Antonio Buzzi ha recentemente presentato alcuni stimoli che vogliono segnare un ulteriore passo importante della Federazione nella direzione di un’economia più efficiente e sostenibile, con potenziali benefici effetti anche per la crescita economica del Paese.

La prima è quella di incentivare la produzione e l’utilizzo dei prodotti di recupero end of waste nella produzione del cemento e del calcestruzzo.

Il cemento e il calcestruzzo, infatti, possono fornire un importante contributo per raggiungere gli obiettivi di circolarità che l’Europa si è posta per il comparto dell’edilizia, recuperando scarti di altri processi industriali che normalmente verrebbero conferiti in discarica e sostituendoli invece alle materie prime naturali necessarie alla produzione di cemento e calcestruzzo, con potenziali benefici sia economici, che ambientali.

La seconda proposta è quella favorire e sostenere i progetti per la cattura e riutilizzo della CO2 poiché, secondo le stime, questo permetterebbe di abbattere le emissioni di CO2 di oltre il 40% rispetto ai livelli attuali e addirittura dell’80% rispetto alla baseline del 1990.

Il terzo punto è quello di sostenere le imprese energivore nella riduzione delle emissioni climalteranti attraverso la compensazione degli oneri indiretti della CO2 connessi ai consumi dell’energia elettrica.

Secondo Buzzi, infatti, laddove si andasse verso una neutralità emissiva, ciò richiederà da un lato molti investimenti in innovazione tecnologica e consistenti aumenti di consumo di elettricità, con conseguenti costi connessi superiori a quelli attuali. Ecco perché occorrerebbe estendere tale beneficio a tutti quei settori, tra cui anche il cemento, suscettibili potenzialmente di elettrificazione (almeno parziale) dei loro processi produttivi a combustione. Le soluzioni basate sulla cattura della CO2 richiedono quantità incrementali di energia elettrica ed ulteriori necessità energetiche sarebbero favorite dalla produzione di idrogeno verde (tramite elettrolisi), potenzialmente necessaria per essere combinata con la CO2 catturata, per dare vita alla produzione di biocarburanti di sintesi.

Ultimo tema della proposta è quello di sfruttare le potenzialità ancora inespresse dell’utilizzo dei combustibili solidi secondari, in sostituzione parziale dei combustibili fossili, nella produzione del cemento.

Questo perché già oggi le cementerie italiane hanno una rilevante capacità di assorbimento dei combustibili di recupero che sono ottenuti da rifiuti non più riciclabili o non ancora riciclabili, in sostituzione di combustibili fossili provenienti dall’estero.

Ma i volumi attualmente autorizzati in Italia sono ben al di sotto delle reali potenzialità del settore. Basti pensare che in Europa il tasso di sostituzione calorica dei combustibili fossili con quelli di recupero è ormai prossimo al 50%, mentre in Italia siamo fermi al 20%.

La promozione di questa pratica a livello nazionale porterebbe dei vantaggi indubbi anche in ottica di decarbonizzazione, riducendo le emissioni di CO2 connesse alla combustione, grazie alla quota di biomassa contenuta nei CSS (Combustibile Solido Secondario, anche proveniente da rifiuti urbani),  evitando così le corrispondenti emissioni che si genererebbero con la termovalorizzazione o per effetto della degradazione del rifiuto in discarica.

Applicando queste soluzioni all’interno di un quadro normativo favorevole sarà quindi possibile avere significative ricadute positive per la collettività nello spirito dell’economia circolare, adattandoci ad un trend già ampiamente diffuso in Europa per minimizzare concretamente l’impatto ambientale, riducendo le emissioni di CO2 e conservando risorse naturali.